lunedì 26 novembre 2012

Economia dello Spreco ed Economia della Miseria, di Gabriele VACIS

Ricevo da Gabriele VACIS, che ringrazio, e pubblico qui il suo contributo sulle economie dello spreco e della miseria.




Pompa magna o necessità. In mezzo niente. Girano parole che per un po’ tengono banco. Qualche tempo fa, nei circoli teatrali, uno spettacolo poteva essere “intrigante”, per dire che non era riuscito del tutto, ma aveva un certo non so che. Poi arrivò “forte”. Non nel senso di sei forte, papà! Ma nel senso di duro, denso di significato. Ultimamente va forte l’aggettivo “necessario”. E’necessario il teatro fatto da non attori. Possono essere barboni o prostitute, extra comunitari, carcerati, animali… Oppure deve raccontare di catastrofi, di mafia, di malattia mentale… Ecco: questo è il teatro necessario. Precisazione: il tono ironico che mi scappa non è canzonatorio. Cioè: a me piacciono molto certi spettacoli necessari. Lo dico anch’io, ogni tanto: questo spettacolo è necessario. Spero addirittura di averne fatto qualcuno. E’ che quando si abusa delle parole mi scappa l’ironia… E parlo molto male di prostitute e detenuti da quanto mi fa schifo chi ne fa dei miti… Quando è moda è moda… Cantava Giorgio Gaber.  Ecco: comincio a provare fastidio per certe parole quando diventano moda. E non servono più a distinguere, a precisare. Servono ad omologare. Così c’è in giro molto “teatro necessario”. Più di quello che serve.
E poi c’è la pompa magna. La pompa magna è una delle possibilità del teatro. Grandiosità, sfarzo, magnificenza è, qualche volta, quello che vogliamo vedere. La pompa magna è il ricordo di quando la società si rappresentava nel teatro. Dal settecento ad oggi, gli attori stanno sul palcoscenico, ma anche gli spettatori stanno nei palchetti. Da sempre a teatro si va per vedere ma anche per “farsi vedere”. Oggi per farsi vedere si va in televisione, of course, ma la pompa magna, l’esposizione del meglio di sé, è bello che rimanga nel DNA del teatro. Anche qui, però, c’è il rischio dell’abuso. La pompa magna da sola diventa vuota ostentazione. Bisognerebbe che il teatro riuscisse ad essere, insieme, pompa magna e necessità. Qualche volta ci riesce. Ma nel teatro di oggi la pompa magna e la necessitàsono i nomi di due circoli abbastanza ristretti che difendono le loro poetiche e le loro abitudini di clan. In fin dei conti quello che difendono è il loro diritto ad esistere fuori dal mercato. Il teatro della pompa magna è in genere prodotto dai teatri stabili pubblici che hanno bilanci enormi rispetto a tutti gli altri. Questo genera due economie: l’economia dello spreco e l’economia della miseria.
Spreco o miseria. In mezzo niente.
L’economia dello spreco mette milioni su spettacoli che vedono in pochi e hanno scarso impatto sul dibattito culturale (a volte non vanno in scena nel totale disinteresse della “società civile”). L’economia della miseria coinvolge tanta gente non pagata, che inventa stratagemmi come seminari, che sono prove mascherate, per ridurre costi di produzione già all’osso.
Tutte e due sono economie surreali. Non hanno alcun rapporto costo beneficio. Il teatro, per definizione, è fuori del mercato. Ci ha messo tanti anni ad accettare questa verità senza umiliazione. Non è riproducibile, e quindi difficilmente mercificabile. In un mondo dominato dal mercato questo è un valore. E’ un valore perché, senza l’assillo del profitto si può fare ricerca, innovazione. La ricerca e l’innovazione devono svolgersi nel raccoglimento e nella concentrazione dei piccoli numeri. Ma poi i risultati della ricerca devono essere proiettati nel mondo. E perché il mondo ti ascolti devi essere autorevole e farti capire. Questione di equilibrio. La nuova presidente del Teatro Stabile, Evelina Christillin, ha esordito con una parola: eccellenza. Bello. Il teatro della città dovrebbe perseguire l’eccellenza. Ma cos’è l’eccellenza? La Christillin lo sa bene perché è una delle persone che hanno fatto il miracolo olimpico. Le Olimpiadi hanno fatto il botto perché hanno coniugato lo show mondiale e il genius loci, perché hanno messo insieme grandi artisti e migliaia di volontari, perché hanno trovato l’equilibrio tra la pompa magna e la necessità, tra lo spreco e la miseria. L’eccellenza è soprattutto equilibrio. Chissà che dopo il miracolo olimpico, ad Evelina Christillin e al suo nuovo consiglio d’amministrazione, non riesca anche il miracolo teatrale. Buon lavoro.


                                               Gabriele Vacis

9 settembre 2007

2 commenti:

  1. La prima domanda che mi viene è di sapere se l'eccellenza 2007-2012 sia sortita e se sia stata un matrimonio tra pompa magna e necessità. leggo che nel 2009 il tst ha avuto un taglio finanziamenti di 400mila euro, che effetti avrà sortito? Dove sono stati "recuperati"? Un teatro stabile è come un organismo umano, in molti casi non può usare mezzi termini, non può, lo sanno gli amministratori che spesso si trovano a dover fare scelte ingrate dalle quali non gliene verrà certo riconoscimento, ma devono essere drastici e basta, l'altri poi piangono o ridono a seconda. Dico come un corpo umano perché sono sempre stato colpito dagli studi del comportamento fisiologico in caso di ferite.. il denaro in fondo è il sangue, la linfa che fa avanzare le cose no?...

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  2. no,si. La crisi che ha seguito ha concesso in certi casi di fare di necessità virtù, e a volte ha migliorato le cose, come per magia, a volte è stato ed è un disastro. E oggi? Oggi occorrono stratagemmi. Come nelle guerre più o meno visibili, anche qui occorre stare attenti, con gli occhi aperti, oppure occorre fare come indicò Eugenio Barba tanti anni fa, "pinguini che si stringono a cerchio durante una tempesta". Le occasioni di fare qualcosa di buono, vivente, vibrante, ci sono, qualcosa che poi ottenga il plauso in pompa magna può essere fatto, io ci credo, occorrono persone piene, integre, persone forti, che hanno fede ma non si lasciano illudere, determinate ma che conservano lo spirito critico, mi viene da dire forti di spirito ma mi trattengo, forse sarebbe meglio dire spiritose.. certo che serve lo spirito, senza quello per me non ci può essere lunga veduta, se occorre l'immaginazione su un progetto per costruire un grattacielo, allora con lo spirito giusto si trova la strada per conciliare qualcosa che pare inconciliabile. Perché inconciliabile?.. per diversi e complessi motivi, uno tra tutti "n'est ce pas", è certamente quel primario e costitutivo istinto di conservazione nell'umano che spinge al parossismo il "meglio io che lui".

    E così, ricordiamoci tutti, ogni tanto, anche dell'altri, cosa - questo ricordarsi - che sarebbe segno di esseri evoluti. Così penso.

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